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“VAPORE ROSSO DI ALESSANDRA STAR” intervista all'autore.
IL NUOVO ROMANZO SINESTETICO PARANORMAL
Intervista by Angelo Martini
Abbiamo incontrato la scrittrice Alessandra Startari in arte Alessandra Star, per una piacevole chiacchierata. Alessandra che conosco moltobene, un vero talento, giornalista del Tg Multilingue, Regista, Presentatrice, autrice televisiva, eccellente Speaker dalla velocità e proprietà di linguaggio, eccellenti non comuni. Tutte queste qualità cerca sempre di non farle pesare, nascondendole,da vera artista, ma quando usa la penna non ha rivali, e la sfida è sempre contro le parole “ Rosso Fiammanti”, che poi alla fine domina benissimo, come si evince nel suo ultimo capolavoro romanzo paranormal, dal titolo cromatico sinestetico: “VAPORE ROSSO”
QUANDO HAI INIZIATO A SCRIVERE?
A otto anni per Natale mi regalarono due romanzi, uno era Piccole Donne, l’altro era una biografia di Marylin Monroe. Li lessi entrambi, ma per qualche ragione misteriosa era stata la biografia di Marylin a colpirmi, nonostante affrontasse temi difficili come la lotta di classe, l’arrivismo, il mondo spietato del cinema di Hollywood, il sesso e l’alcolismo della protagonista. Lo so, un libro strano da regalare a una ragazzina, ma io non ero una ragazzina come le altre, io ero già un’enciclopedia a dieci anni, perché invece di citare giochi e cartoni animati citavo pezzi di vocabolario. Intorno ai dieci anni mi feci regalare una macchina da scrivere e tirai giù la mia prima composizione, ed era una vera storia: raccontava di un giornalista ficcanaso che s’intrufola nel camerino di Marylin Monroe durante le sue prove sul set. Poi lei lo sorprende e Joe Di Maggio – l’allora uomo di Marylin – lo caccia via. Insomma, avevo solo dieci anni e l’aver letto quella biografia mi aveva già ispirato una storia che anche ad oggi, da adulta, trovo davvero originale. Non ho avuto scelta, ho continuato a scrivere.
DOVE E’ AMBIENTATO VAPORE ROSSO?
Spagna, Andalusia.
È un panorama arso quello andaluso. Andalusia, Al Andaluz, che in arabo significa terra della luce, è qui che si consuma questa storia.
La protagonista, Arianna, è toscana, nata a Firenze e adottata dalla Roma dei mausolei e delle lapidi, dei templi e dei pantheon. La sua sembra una vita circondata da cose morte, e anche lei per vivere sceglie di morire, è un’attrice che nei film muore sempre. Sarà il suo viaggio in Andalusia, un viaggio pericoloso che potrebbe ucciderla davvero, a darle invece nuova vita. Una rinascita.
Per ottenere questo connubio ho usato la terra del sole, in un itinerario che tocca la costa e l’entroterra con gli scenari sanguigni di Malaga, Granada, Cordoba, Siviglia e infine Cadice. Si dice che il rosso andaluso e la sua luce siano irripetibili, che in nessun altro posto nel mondo si possano replicare.
Rosso. Uno scenario arso, come dicevo. Arso dal sole, dal vento del deserto che in Andalusia sfiora l’Africa e arroventa la pelle. Scandito da passi sincopati di un flamenco che è il gioco della parti tra Arianna e Alejandro Cortèz Delgado. Come passi di una danza s’inseguono tra le filandre andaluse fino alla Torre di Cadice, la costa de la Luz, sull’Atlantico, la più selvaggia, è qui che gli amanti troveranno il loro rifugio e cureranno le loro ferite. Questa è una storia che parla di anime che si riconoscono e si ritrovano, e non in senso metaforico ma letterale; e l’anima notoriamente è fatta di luce ed è pura energia, scegliere un contesto molto luminoso, energetico, mi è sembrata la decisione migliore.
La luce e il sangue sono due elementi focali di questa storia, rappresentano l’oltre, la cerimonia, il veritas veritatis che ricongiunge le due anime gemelle per poi offrire loro una nuova strada che travalica il tempo e la morte. C’è del surreale, come nelle colline andaluse che attraversano a cavallo, e c’è del soprannaturale come nell’amore che non conosce fine, il loro.
CI RACCONTI LA TRAMA DI VAPORE ROSSO?
A soli venticinque anni Arianna è già morta sedici volte. Le hanno sparato in mezzo agli occhi sulla Bourbon Street di Londra; l’hanno sepolta viva nel vecchio west, freddata nelle campagne senesi sul finire degli anni cinquanta, e il giorno dopo moriva ancora, spinta giù da un ponte da una spia dell’ex unione sovietica.
Arianna, di mestiere, fa l’attrice, e sembrano scritturarla solo per morire, perché non è mai arrivata al secondo tempo di un film. Ma l’incubo che la tormenta ogni notte è peggiore di qualunque copione. Da troppo tempo, ormai, sogna l’Andalusia di metà ottocento e due mani che l’annegano in un fiume.
E non possono essere soltanto i postumi del suo folle lavoro. Perché nessuna morte le è mai sembrata così reale.
Decisa a indagare la natura del suo sogno ricorrente, Arianna supera il suo innato scetticismo e si rivolge a un esperto di ipnosi regressiva fino a mettere insieme alcuni tasselli che la conducono in Spagna, a Cordoba.
Vivevano qui, centinaia di anni fa, il nobile Alejandro Cortèz Delgado e la sua amante Beatrice, che somigliava ad Arianna come una gemella, prima di finire annegata in un fiume. La scoperta, da inquietante, diventa addirittura impossibile quando Arianna viene avvicinata da un uomo che è certa d’aver già conosciuto. Giovane, affascinante. Sembra lui, in carne e ossa: Alejandro.
Ma come può essere?
E mentre un amore al di là del tempo coinvolge entrambi, emergono i pericolosi giochi di due esistenze che hanno sfidato le leggi dell’universo per ricongiungersi. C’è il rischio di morire davvero, adesso. Ma Arianna non s’è mai sentita più viva.
Ci lasci con una citazione del romanzo? E poi… se vuoi, spiega perché hai scelto proprio questa citazione.
Estratto, dalla Registrazione n°8
“ Come è strana la gente che pensa di porre rimedio con una spiegazione, che si accontenta di un’idea, di un compromesso. Ma un solo batter d’ali non può portare in volo nessuno.”
È una metafora del coraggio: bisogna resistere e insistere, con un solo battito d’ali non si vola, ne servono molti per librarsi in cielo.
CONTA ANCHE IL CIBO IN QUESTO ROMANZO?
Certo.
Nella terra del sole, Al Andalus, che in arabo significa Terra della Luce, e precisamente lungo un itinerario che va da Cordoba fino a Marsiglia, Arianna viaggia alla ricerca di se stessa.
Siamo nel nostro tempo, nell’anno 2019 ed è difficile credere alle leggende, alle tradizioni e lasciarsi influenzare dalle credenze popolari, ma nella vita di Arianna si insinua un primo viaggio attraverso l’inconscio, viene ipnotizzata e un’ energia vitale potente s’impadronisce di lei, da quel momento inizia a comportarsi in modo incoerente…
Estratto dalla Registrazione n° 6
“ … Porto in tavola la pirofila e Roberto smette di leggere i passi sacri e osserva con sospetto il risotto.
«Hai preparato la paella?», dice.
Non ci avevo fatto caso ma sì, sembra proprio una paella.
«No, perché? È risotto alla pescatora.»
«È una paella. Questo piatto è asciutto, non c’è il brodo solito che annega il nostro risotto di mare.»
Afferro il mestolo e inizio a impiattare.
«Anche se fosse?»
Ora sorride.
«Da un paio di giorni canticchi canzoni di Julio Iglesias, leggi notizie politiche sulla Spagna e cucini piatti tipici valenciani. Quella seduta di ipnosi ti ha davvero influenzata, o sbaglio?» … ”
… Davanti a quella Paella, piatto tipico valenciano, Arianna prende coscienza che in lei qualcosa di importante sta cambiando. Ho usato il piatto, il cibo, un gesto semplice come cucinare, un gesto quotidiano ma stavolta ribaltato, per mostrare come la protagonista abbia improvvisamente cambiato registro, ora le sue scelte convergono tutte in un’unica direzione, che sarà quella che la condurrà verso una nuova vita. Ma fino a questo momento del romanzo, lei ne è ancora inconsapevole e lotta per rifiutare la realtà, infatti osserva la paella riconoscendola ma lo nega, nega che sia una paella, dichiara di aver cucinato risotto alla pescatora. Sarà una costante nel suo percorso di vita rinnegare la verità, perché riconoscerla sarà per lei traumatico.
Più avanti nella storia, Arianna ha affrontato un lungo viaggio fino a Cordoba, è affamata perché – diremo nel romanzo – lei ha sempre fame.
Il primo luogo in apparenza accogliente e sicuro in cui si rifugia è un hotel che le appare come un trionfo di colori e il suo primo pensiero va al cibo. Qui consuma un tradizionale tipo di prosciutto, Jamòn de Jabugo, un taglio di Pata Negra che ha un costo non indifferente ed è una vera prelibatezza. Ho deciso di usare questo espediente culinario per mostrare come Arianna sia ormai dentro una tradizione che però pagherà a caro prezzo.
Estratto dalla Registrazione n° 10
“ … Ordino subito una specie di panino col prosciutto Jabugo e una bottiglia a temperatura ambiente perché so che la tracannerò e se fosse gelata morirei all’istante. … ”
In una scena successiva, il proprietario dell’Hotel che la ospita le elenca cosa c’è per cena e - a questo punto del romanzo - Arianna ha già incontrato l’uomo che le porterà via il tempo ma anche il cuore, è sconvolta e ascolta con malcelata ignoranza l’elenco. Lei in effetti non conosce quei cibi e non intuisce di cosa si tratti ma fa caso al dettaglio dell’aglio, perché in questo momento della storia ha un significato ben preciso. Ho usato un intero menù per mostrare ad Arianna la sua nuova vita, ogni ingrediente è una metafora delle nuove avventure a cui non potrà sottrarsi, e infatti ora lei non sa decifrare la lista, non conosce quei cibi, ma noi sappiamo che la sua è solo paura di conoscere…
Estratto dalla Registrazione n° 13
“… Lui ride un po’, poi dice: «La cena è servita al piano di sotto. Stasera mia moglie ha preparato tortilla de patatas, flamenquin, ajoblanco che è la sua specialità--»
«C’è l’aglio?»
«Sì, ajo blanco.»
Se ha profanato un luogo sacro e ha camminato di giorno, non credo che l’aglio lo terrà lontano, ma digiunare non è il modo più sano per restare in vita fino all’arrivo del bonifico. … ”
Quando ormai appare chiaro anche ad Arianna che l’uomo che ha incontrato sarà presto una parte molto importante della sua vita, c’è una scena in cui fa colazione con la moglie del locandiere, la signora Carmen. Lei conosce Alejandro da lungo tempo, e mentre serve ad Arianna pietanze che lei non sa riconoscere, la sfida alla consapevolezza: tra Arianna e Alejandro c’è qualcosa, un legame che anche agli occhi dei commensali è palese. Ho deciso in questa scena di usare il cibo come elemento dissacrante: la signora sta provocando Arianna, le parla con la bocca piena e col coltello da burro puntato contro, le sorride e la invita a riflettere sui sentimenti del giovane spagnolo. In questa scena Arianna non riconosce le pietanze, non è in grado di distinguerle, sebbene le abbia davanti e gliele abbiano elencate, e ho usato quest’analogia, poiché nel dialogo lei – mentre mangia alla cieca – non è in grado di riconoscere la verità nel discorso che le fa Carmen…
Estratto dalla Registrazione n° 15
“ … Lei e suo marito devono aver preso davvero alla lettera le raccomandazioni del loro capo vampiro soprannaturale Alejandro, perché per colazione mi hanno portato un’esultanza di piatti tipici locali, regionali e nazionali.
Osservo ogni pietanza con malcelato disagio, riconosco solo la spremuta d’arancia, ma le cose che ha elencato – churros e porras, torrijas, tortilla, magdalenas - non saprei indicarle sebbene le abbia di fronte. Vedo marmellate, uova, frittate, e rimpiango un ristrettissimo e semplice caffè espresso. … ”
Arianna ha un rapporto molto stretto col cibo, è sempre affamata, ma non sa riconoscre i piatti castigliani. Una metafora del suo rapporto con Alejandro: lo ama, ma non lo ha ancora riconosciuto.
CITA DEGLI ESTRATTI DAL LIBRO:
Estratto, dalla Registrazione n°40
Normalità. Assurdo. Dopo aver conosciuto Alejandro, cosa di normale potrà più accadere nella mia vita? Quando tocchi la morte e lei ti sorride, quale sorte potrà eguagliare lo sgomento?
Estratto, dalla Registrazione n°8
Come è strana la gente che pensa di porre rimedio con una spiegazione, che si accontenta di un’idea, di un compromesso. Ma un solo batter d’ali non può portare in volo nessuno.
Estratto, dalla Registrazione n°17
“ …Vedo Roma, i gabbiani, un cielo d’estate e un vestito frusciante mentre mi getto sotto a un treno alla stazione di cartapesta. Era solo finzione, lo erano le sottilette di plastica che fingevo di mangiare, le scarpette che mi vantavo di indossare, lo erano le pistole che mi colpivano con pallottole fatte solo di scintille, lo erano i treni di cartone che mi schiacciavano senza sfiorarmi. Lo erano le mie numerose relazioni inutili, fatte di poco sesso e di nessun amore. Non era questa la mia vita, questo è stato solo un teatro. L’unica cosa reale, sono stati i miei incubi. ( … ) E finisce qui la mia recita, il sipario si chiude per sempre e l’attrice senza battute stavolta muore davvero.
E mentre perdo i sensi, avverto una stretta salda e sicura che mi trascina verso l’alto e mi riporta in superficie. Vedo la luce della luna, sono esanime, ma mi accorgo di essere stretta tra le braccia di Alejandro.
Sono tornata alla vita e non so più quale sia, se quella fatta di carta o quella che non ho ancora vissuto.”
Estratto, dalla Registrazione n°18
«Io ti ho cercata dappertutto! Ho girato l’intero pianeta senza riuscire a ritrovarti e adesso tu piombi da sola nella mia vita! Voglio sapere come hai fatto a trovarmi!», grida.
Mi manca il fiato, sono sconvolta, mormoro, «Come ho fatto?».
Ma io non stavo cercando te, io ti credevo morto!
Lui mi arriva addosso e mi tiene stretta per le spalle, «Come hai fatto a trovarmi per prima? In questa vita tu sei Arianna Miele, nata in Italia negli anni novanta, come sapevi di essere stata Beatrice e come conoscevi il luogo in cui l’ho sepolta?», e diventa severo , «Rispondi, come conosci il mio nome?».
«Non te lo dico!»
Lui allenta la presa e mi fissa attonito, e infine mi lascia andare. Si volta e lo vedo mettersi le mani in faccia, piegarsi, restare così.
«Rispondi prima tu», azzardo flebile, «come fai a non essere morto?».
Alza la testa restando di spalle, «Non te lo dico», mi fa il verso.
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