Dalla Koinonìa alla Teologia dell’Ecumenismo
Il movimento ecumenico, come già accennato nei precedenti articoli, ha in sé la restaurante audacia di ovviare a quanto intrinsecamente nolente o volente, tende alla separazione fra le Chiese ciò in forza del comandamento espresso dallo stesso fondatore del cristianesimo. Per tale ragione, il comandamento del Cristo all’Unità, conserva tutto il peso della Sua autorità e pretende una risposta seria e responsabile. Infatti, la comunità dei battezzati, oltre a testimoniare quanto Cristo ha insegnato e predicato, è chiamata a testimoniare l’unità visibile nel rispetto di ogni Credo, rappresentato dalle tradizioni delle rispettive chiese fondate dagli Apostoli in ogni angolo della terra. L’ecumenismo è caratterizzato dalla ricerca della verità, progetto arduo e forse banale, perché, se fatto individualmente, può sembrare che la verità si conduca verso la propria parte, mentre, se fatto tra le diverse Chiese, come avviene nei dialoghi e non, assume maggiore valore. La teologia ecumenica è certamente una teologia delle fonti e delle origini, perché si richiama alle origini, all’ispirazione originaria della vita di Cristo che ne interpella la fedeltà. Essa si richiama alle scritture, ai Padri e ai primi anni della storia della Chiesa. Ciò serve per scorgere le nostre origini e la continuità col passato, memoria di una perenne liturgia cultuale ancorché culturale. Un altro aspetto riguarda la teologia della comunione, cioè della Koinonìa, il metodo attuale per capire la Chiesa e la sua unità. La Chiesa si presenta con molte sfaccettature e con molte immagini. Le immagini che dominano sono, per la Chiesa Cattolica, quella di una istituzione gerarchica, mentre per le Chiese nate dalla Riforma domina l’immagine di una Congregazione di fedeli. Oggi, l’immagine che maggiormente si è diffusa è quella della Koinonìa, della comunione, il merito di aver formulato tale concetto è dell’Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese di Nuova Delhi nel 1961. Tale approccio ha trovato un seguito negli Anni Ottanta. Infatti, è stato sviluppato ulteriormente il senso del concetto Koinonìa ed ha assunto il riferimento ai dialoghi bilaterali. Condividendo molte cose a partire proprio dal come del condividere, ad esempio una scuola, un edificio, l’aiuto per il Terzo Mondo. Resta imprescindibile, la prima fra le tutte, le condivise cose e, ad infinitum, della vita in Dio per mezzo della persona del Cristo. I Cristiani sono invitati a condividere la propria vita in una relazione d’amore con Dio, una relazione che assume una dimensione verticale della Koinonìa (io e il mio Dio) e una relazione orizzontale ( io e gli altri) quale espressione della vita Trinitaria, come tra il Padre, Figlio e lo Spirito Santo sempre esperita ed evidenziata nella vita di molti santi e martiri della Chiesa. Basta scorgere i testi biografici di questi semplici ed ordinari cittadini e cristiani dei loro tempi, che hanno saputo esprimere nella vita ordinaria di ogni giorno la esemplare speranza, fattivamente e operosamente: sperare contro ogni speranza. Sulla base di questa esperienza e, davvero ecumenica, trova la sua implicazione sia su quelle fondate sulla promessa della giustificazione mediante la fede sia su quella della resurrezione gloriosa con altri cristiani. In effetti si condivide quella eredità spirituale che si acquista col Battesimo e che si ottiene attraverso la Morte e la Resurrezione di Cristo. Il concetto di koinonìa risale all’Antico Testamento. La creazione ci parla della comunione che intercorse tra Dio e gli esseri umani, che fu infranta col peccato e fu restaurata con la Antica Alleanza fatta con Abramo e Mosè. Nel Nuovo Testamento la comunione tra Dio Padre e gli uomini avviene attraverso il Figlio nello spirito e con ognuno di noi. Ecco la Nuova Alleanza, il nuovo patto tra Dio e il suo popolo. Quanto sin qui riportato assume una importanza particolare nei confronti dell’ecumenismo, poiché tale comunione implica l’esistenza di una chiesa visibile, che dà corpo alla comunione degli esseri umani con Dio e tra di loro. Infatti, nel 1991 l’Assemblea di Camberra del Consiglio Ecumenico delle Chiese ha esposto chiaramente le implicazioni ecumeniche del termine Koinonìa in ordine: alla fede, ai sacramenti, al culto e strutture con le seguenti proposizioni: << L’unità della Chiesa alla quale siamo chiamati è una Koinonìa , data ed espressa nella confessione comune della fede apostolica; una vita sacramentale comune cui si accede mediante l’unico battesimo e che è celebrata insieme in una fraternità eucaristica; una vita comune nella quale i membri e i ministri si riconoscono reciprocamente e sono riconciliati; è una missione comune di testimonianza dell’evangelo della grazia di Dio a tutti i popoli e che serve l’intera creazione. La meta della ricerca di una piena comunione è raggiunta quando tutte le chiese sono in grado di riconoscere in ciascuna di esse la chiesa una, santa, cattolica e apostolica nella sua pienezza. Questa piena comunione si esprimerà sia a livello locale che universale mediante forme conciliari di vita e di azione. In questa comunione le chiese sono collegate insieme in tutti gli aspetti della loro vita, a tutti i livelli nel confessare la medesima fede ed impegnarsi nel culto e nella testimonianza, nelle decisioni e nell’azione>>. L’allora Cardinale Joseph Ratzinger, quando era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ebbe a dire, presso la Facoltà Valdese di Roma: “l’ecumenismo è innanzitutto un atteggiamento fondamentale, è un metodo di vivere il Cristianesimo. Non è un settore particolare, accanto ad altri settori. Il desiderio dell’unità, l’impegno per l’unità dipende dalla struttura dello stesso atto di fede, perchè Cristo è venuto per riunire i figli di Dio che erano dispersi”. Nel prossimo articolo vedremo gli organismi, i documenti e la spiritualità ecumenica del Cattolicesimo.
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