Dalla Spiritualità del Concilio Ecumenico Vaticano II: i Dialoghi Teologici Misti
Il Papa: l'unità dei cristiani "un imperativo" contro la crisi di fede del nostro tempo
(foto di Gianluigi Barbieri)
Ricevendo il 15 novembre scorso i partecipanti alla plenaria del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, Benedetto XVI ha sottolineato la necessità della testimonianza comune di tutti i credenti in Gesù Cristo: <<Ritornare all'essenziale, al cuore della nostra fede, per rendere insieme testimonianza al mondo del Dio vivente>>.Questo invito ci riporta anche ad una realtà le cui radici storiche segnano il suo Ufficiale ingresso nel mondo cattolico con il Concilio Ecumenico Vaticano II. E’ doveroso ricordare però che già ben prima di questo straordinario evento i primi passi, tesi a quanto ancora oggi lo stesso Benedetto XVI incoraggia, furono avviati solo al seguito del superamento delle Confessioni, ovvero, a quanto di limitante poteva precedentemente opporsi ad ogni fattiva collaborazione a detta Testimoniata Unità di fede nel Dio Uno e Trino, da parte delle chiese particolari coinvolte. Infatti, negli Anni Sessanta si avviarono positivi percorsi di dialoghi bilaterali. L’impulso fu soprattutto della stessa Chiesa di Roma che, grazie al Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani, diede una precisa preferenza per i dialoghi bilaterali di unione invece di quelli multilaterali, accogliendo di proposito il contributo offerto dalla stessa Conferenza Mondiale delle Chiese, quali partners del dialogo, a favore di tale urgente e significativo obiettivo. La sua Ufficialità rese un grande servizio all’Unità, nel senso che i delegati di ogni rispettiva chiesa partecipavano quali legittimi rappresentanti della loro chiesa e, pertanto, riferivano i risultati decisionali sottoscritti in piena e legittima comunione con il programma stabilito, in parte realizzato. Il primo condiviso obiettivo era quello di superare le divergenze del passato, pietra miliare dei successivi lavori che videro già nel 1981, a livello mondiale, ben quindici dialoghi portati a buon fine, meglio noti come documenti di consenso o di convergenza. Il primo tra i successivi punti di riscontro eccetto gli accordi dottrinali, fu quello riguardante il solo riconoscimento da parte dei Vecchi Cattolici della successione apostolica della Chiesa Anglicana, riconosciuta ininterrotta solo a seguito della Conferenza di Lambeth del 1920. Questo riconoscimento fu poi definito dal 1961 come full communion, cioè piena comunione ecclesiale, stante ancora oggi alcuni aspetti che non escludono qualche diversità, come sulla Cena del Signore. Infatti, bisogna risalire al 1529, quando si incontrarono le prime delegazioni, luterana e quella svizzera, guidata da Zwingli, per comporre o meglio “definire” gli aspetti dottrinali relativa alla Cena del Signore che vide la sua prosecuzione nella Concordia di Leuenberg. Mentre Martin Lutero ritiene che il Signore sia corporalmente presente negli accidenti (consacrazione del sacerdote durante la liturgia eucaristica, del pane, vino e acqua) Zwingli parla di una presenza spirituale non meno concreta o puramente simbolica ma non nelle specie di detti accidenti, cioè non materiale-corporea. Tra il 1968 e il 1970 proseguono tali incontri, in pieno spirito ecumenico, e si basano sull’art. 7 della Confessione di Augusta del 1530, opera di Filippo Melantone: << Allo stesso modo (le nostre chiese) insegnano che la Chiesa una e santa sussisterà in perpetuo. Invero la Chiesa è l’Assemblea dei santi nella quale si insegna l’Evangelo nella sua purezza e si amministrano correttamente i sacramenti. E per la vera unità della chiesa è sufficiente (satis est) l’accordo sull’insegnamento dell’Evangelo e sull’amministrazione dei sacramenti. Non è invece necessario che siano ovunque uniformi le tradizioni istituite dagli uomini, cioè i riti o le cerimonie. Infatti san Paolo dice: Un solo Signore, una sola fede, un solo Battesimo. Un solo Dio, Padre di Tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti>>. (Cfr. Ef. 4,5 s) . La chiave di lettura che emerge è che la Chiesa può solo essere considerata in rapporto al suo compito, cioè alla predicazione e alla celebrazione dei sacramenti, una volta raggiunto il consenso su questi due punti automaticamente ne consegue la comunione ecclesiale, senza richiedere un ulteriore consenso ecclesiologico teso in tal senso. Il documento è costituito da un introduzione e da tre sezioni: il cammino verso l’unione; l’accordo riguardo alle condanne dottrinali del tempo; la dichiarazione e attuazione della comunione ecclesiale. Nella prima parte si celebra la testimonianza resa dalla Riforma sulla base della riscoperta della Sacra Scrittura. Nella seconda, la giustificazione per fede e della esclusiva mediazione salvifica di Gesù Cristo. Nella terza, si delinea la comprensione della Santa Cena, della cristologia, della predestinazione, con la dichiarazione del superamento delle reciproche condanne. Nell’ultima sezione si dichiara il superamento delle condanne dottrinali e la reciproca comunione nella predicazione e nei sacramenti. Questo include il riconoscimento reciproco della consacrazione pastorale e la possibilità dell’intercomunione. Inoltre, si evidenzia come la concordia lasci sussistere il valore vincolante delle Confessioni di fede nelle Chiese che l’accettano, come le condizioni per un dialogo futuro su questioni riguardanti la fede e su altre poste dalla società ad esse contemporanee. Il documento si conclude con l’augurio di una estensione all’adesione di questa Concordia da parte di altre Confessioni. Questo Augurio, oggi, lo si rinnova anche a ciascun lettore, come a chi pensa di essere lontano da tali tesori spirituali o ancor peggio gli risulta indifferente, a causa dei molti pensieri che lo sommergono e dalle provate situazioni umane di cui è “protagonista”. La verità non è dietro l’angolo ma dentro di “Te” basta cercarla con pazienza e fiducia, frutti che condurranno ad un degno ristoro, come la pace, necessaria alla mente, al cuore e allo spirito al fine di poter ritrovare davvero se stessi e poter rielaborare i contenuti e i vissuti della propria esistenza con sintonico realismo e sana intelligenza. Questa esperienza del Sacro è un cammino che consentirà di rivalutare anche le proprie capacità e competenze acquisite. Inoltre, di ritrovare il punto originale di convergenza per la risoluzione causale dei propri mali, talora effetti di una conseguenza di scelte e di pensiero quali antecedenti di progetti remoti errati se non scellerati. Possa questo spirito di Concordia con la Sacra Scrittura, con il Cielo e la Chiesa, essere l’inizio di un Natale più Buono e certamente più lieto all’insegna di questo iniziale traguardo che mai esaurisce e mai delude e che anzi se partecipato si arricchisce giorno dopo giorno. Auguri di Buona Concordia a tutti per un Natale anche se più sobrio ma certamente sempre bello da condividere con la famiglia, gli amici ed anche con chi solo ancora ti attende!
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