Ecumenismo dal Movimento Ecumenico al Concilio Vaticano II
a cura di Patrizio Imperato di Montecorvino
Il termine ecumenismo ha alla propria base l’altro termine ecumene, che stava ad indicare l’intero mondo conosciuto nell’antichità e che ci riconduce alla lingua greca e, precisamente, al sostantivo casa, dal verbo greco di abitare, che dà luogo al sostantivo che deriva dal participio del suddetto verbo, ovvero di terra abitata (cfr. G. Filoramo, Ecumenismo, in Enciclopedia delle Scienze Sociali). L’unità è sempre stata sostenuta dagli apostoli, come lo stesso Gesù Cristo, sciente di tale pericolo, volle sancirlo con la stessa preghiera che innalzò al Padre nel corso della sua ultima cena in comunione con gli apostoli, vigilia della sua dolorosa passione e morte in croce: Padre Santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi…fa che siano tutti una sola cosa. Come Tu, Padre, sei in me e io sono in Te, siano anche essi in noi una sola cosa (cfr. Gv. 17, 11-21). Oggi, come allora, i cristiani hanno l’obbligodi intraprendere sempre nuove vie di rinnovamento e di impegnarsi in vista dell’Unità visibile della Chiesa, sempre orientata ad una conversione costante e feconda, quale espressione di fedeltà al Suo mandato quanto al Cristo stesso, morto, risorto e fondatore di questa Chiesa. Infatti, la sua storia ha sempre dovuto sostenere infaticabili lotte contro ogni falsa dottrina ed eresia proprio a sostegno di questa fedeltà al Suo Sposo e Signore, sino a dover sancire, come nel V secolo, le prime due grandi divisioni in Oriente, tra i Nestoriani, cioè i seguaci di Nestorio, ed i Monofisiti, mentre la seconda investì nell’XI secolo l’Oriente e l’Occidente cristiano, concretizzandosi nello Scisma del 1054. Dunque, l’Ecumenismo si manifesta, quale esigenza antropologica del cristianesimo, solo dopo molti secoli e soprattutto dal 1910 ad Edimburgo, quando fu istituita la Conferenza internazionale missionaria dal movimento ecumenico il cui decorso è scandito da molte tappe importanti. Infatti,da questa esperienza, nacquero: 1) Il Consiglio Missionario Mondiale, relativo ai problemi delle missioni. 2) Fede e Costituzione (Faith & Order), relativo ai problemi della teologia dogmatica. 3) Vita e Azione (Life & Work), relativo ai problemi della teologia pratica. Intanto gli anni trascorrono con una evoluzione di questo Organismo sempre più ordinato a questa Unità. La svolta definitiva si ebbe col Concilio Vaticano II che venne a collocarsi in modo alquanto opportuno e strategico nell’economia del cammino ecumenico, con una apertura della chiesa Cattolica romana che fino ad allora aveva soltanto osservato dall’esterno il movimento ecumenico. Grazie a Papa Giovanni XXIII, al Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Athenagoras I e a Papa Paolo VI. Col Concilio Vaticano II (i cui preparativi decorrono dal 1959, si apre effettivamente dal mese di ottobre del 1962 al mese di dicembre del 1965), Giovanni XXIII in forza della sua esperienza vissuta come Nunzio Apostolico in Bulgaria, Grecia e Turchia, avviò un vigoroso dialogo teso a rinsaldare i rapporti di amicizia con i Cristiani di altre Tradizioni e lo stesso fece Papa Paolo VI, come non ricordare lo storico incontro che ebbe con Athenagoras I, che misero fine al triste capitolo delle reciproche scomuniche del 1054 tra Roma e Bisanzio. Un passo indietro, il 2 dicembre 1960, l’Arcivescovo di Canterbury, dr. Geoffrey Francio Fischer, compie la visita di cortesia a Papa Giovanni XXIII, evento che le poste Vaticane celebrarono con uno speciale annullo. Frutto del Concilio Vaticano II fu anche l’approvazione del decreto conciliare Unitatis Redintegratio, del 21 novembre 1964, in cui si esprime l’intenso desiderio di ristabilire l’unità tra tutti i discepoli di Cristo, proponendo ai cattolici gli aiuti, i metodi, e i modi con i quali possano essi stessi rispondere a questa vocazione e grazia divina (U.R. n. 1). Dal Concilio si ebbe i quattro principi direttivi del cammino ecumenico. Il primo distingue la sostanza della verità Rivelata nel suo rivestimento espressivo, ovvero, il rapporto tra fede e cultura che trasmette, traduce e rende vicino ciò che resterebbe lontano e inaccessibile alla conoscenza della Parola di Dio. Il secondo pone in rilievo la gerarchia delle verità con cui si afferma il primato e la centralità di Cristo. Il terzo afferma che il cammino ecumenico deve ispirarsi alle leggi del dialogo così, come nel quarto principio, il doveroso rispetto della diversità, delle situazioni e tradizioni delle altre chiese. Da parte della Chiesa Ortodossa si avviò un cammino teologico in ossequio al serio discorso di riconciliazione che culmina nel documento finale della terza Conferenza panortodossa di Rodi. Gli sforzi di Papa Paolo VI a favore dell’ecumenismo trovò la sua continuazione nella persona del suo infaticabile successore, il Beato Giovanni Paolo II, che attribuisce all’ecumenismo notevole rilevanza, come dalla sua Enciclica del 1995, Ut Unum Sint, nella quale si rileva l’appassionato impegno per l’irreversibilità del cammino ecumenico. Infatti, Egli, esorta i Pastori ad aiutarLo a capire come può o deve esercitare nella carità il primato petrino. Nella prossima pubblicazionesarà possibile approfondire, pur senza alcuna pretesa esaustiva, l’excursus storico documentale di detto dialogo ecumenico.
Pubblicato: 07/07/2012