L’EDITTO DI NICOMEDIA: COSTANTINO E LA SVOLTA CRISTIANA DELL’IMPERO ROMANO
Di Patrizio Imperato di Montecorvino
Il 30 aprile si svolta nella Sala Roma dell’UNAR, la Celebrazione del “L’Editto di Nicomedia”, curata e tenuta nella Magistrale Conferenza dall’autore medesimo, N.H. Cav. Dr. Antonio Palazzi, Cavaliere jure sanguinis del S.M.O. Costantiniano di s. Giorgio (Spagna), noto studioso e saggista di Storia Antica e Contemporanea tale da meritarsi l’acclarato titolo di professore, degnamente ricoperto per i notevoli approfondimenti e pubblicazioni che hanno trovato il plauso di docenti e ricercatori ordinari di prestigiose Istituzioni, Accademie e Università. Il Prof. Antonio Palazzi, nasce a Napoli ed appartiene ad una famiglia di grandi tradizioni storiche e culturali. Infatti, vanta due avi, ufficiali dell’esercito dei Re di Borbone Due Sicilie, il secondo decorato al valore nelle battaglie del Volturno, del Garigliano ed a Gaeta, nella guerra per la difesa del Regno delle Due Sicilie, del 1860/61. Compiuti gli studi classici, si laurea in giurisprudenza e, successivamente, si iscrive all’Albo degli Avvocati e Procuratori di Roma, iniziando l’esercizio della libera professione che lascia agli inizi degli anni’70 a seguito della sua assunzione in qualità di Dirigente di Azienda per una importante holding finanziaria. Ha ricoperto il Ruolo di Dirigente anche per altre quotate Aziende, diversificando così la sua già copiosa competenza, tale da supplire e potenziare aziende sia private che dello Stato meritandosi qualificati riconoscimenti. È stato anche Sindaco e Presidente di Collegi Sindacali. Raggiunto il diritto alla quiescenza si è dedicato agli studi di Storia sull’antico Regno di Napoli e delle Due Sicilie. Conferenziere al I e II Convegno Storico “Città di Nola”, nei mesi di maggio 1998 e 1999. Inoltre, ha partecipato a importanti Convegni Internazionali di Studi Storici quali, fra i più memorabili: Costantino e la svolta Cristiana, svoltosi a Roma il 25 ottobre 2012 ed in Austria,dal 9 all’11 novembre 2012, presso la Carnuntum di Vienna, presieduta da studiosi di fama venuti da diverse parti del mondo. Ha partecipato quale esperto invitato alle Conferenze e Convegni su l’Italia del Sud ed i Borboni, svoltosi a Roma e Napoli. In Roma, alla Banca d’Italia e al Centro Culturale il 5 febbraio del 2003 ed altri due, il 28 gennaio 2010 e 21 marzo 2011, alla Camera dei Deputati; nella splendida cornice di Palazzo S. Macuto. Dal 14 giugno 2001 è Presidente dell’Associazione Storico-Culturale “Gli Alfieri dei Borbone”. Ha ricevuto molti premi e riconoscimenti da parte di autorità e istituzioni. La Conferenza, fra i molti e importanti astanti, spiccava la fedele partecipazione, sempre gradita, dell’autorevolissima persona di S.A.S. il Principe Maurizio Ferrante Gonzaga del Vodice di Vescovio; Marchese Paolo Rutili Dragonetti de Torres; prof. Giuseppe Fioravanti, docente sia dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli che del l’Università La Sapienza di Roma; Giudice Umberto Atripaldi ed altri noti studiosi ed autorità. Questa Conferenza ha il merito di ordinare alcune stonate note di informazioni storiche in ordine a L’Editto di Nicomedia, ovvero, come dal suo relatore dichiarato, c’è molta confusione da parte sia dei mass media, cui la presente pubblicazione vuole rimediare, che da parte della vulgata popolare che ne è conseguita, come diceva Benedetto Croce all’inizio del secolo scorso su altro argomento “Basterebbe infondere spirito storico ai fatti naturali” e cioè esaminare gli stessi con un esame critico ed obiettivo basato su documenti autentici e su testimonianze veritiere ed inoppugnabili per far luce su quei fatti e quindi Storia. Il primo editto è quello di Sardi (odierna Sòfia) o Editto di Galerio, il secondo è l’Editto di Nicomedia del giugno 313, o di Costantino e Licinio. Infine, quello di Milano che…non esiste! Il percorso storico tracciato dal prof Antonio Palazzi, parte dall’effettivo contesto storico, ovvero, dal 69 d.C., prima persecuzione contro i Cristiani ad opera di Nerone fino a Diocleziano (I° sec d.C.) e al primo Galerio (303 d.C.). Infatti, il 30 aprile del 311 Galerio ormai morente, convocò Licinio e Costantino a Serdica (attuale Sòfia) per promulgare l’importante e rivoluzionario Editto di Tolleranza verso i cristiani, con cui veniva ordinata la cessazione di ogni persecuzione contro di essi, il riconoscimento del loro culto in forma ufficiale e la restituzione dei loro beni sequestrati. Poco dopo l’Editto, Galerio spirò il 5 maggio del 311 a Serdica. Per i fatti descritti è dunque lecito parlare dell’Editto di Serdica (Bulgaria, attuale Sòfia) e non di Nicomedia che corrisponde all’attuale città di Izmit in Turchia. Quando si parla dell’editto di Nicomedia gli studiosi e storici si riferiscono a quello del 313 d.c.! infatti, a Nicomedia, città fondata dal re Nicomede I nel 262 a. c. ed oggi chiamata Izmit che proprio quest’anno è prevista la celebrazione del 1700° anniversario dell’Editto, con un Convegno Internazionale al quale lo stesso prof. Palazzi parteciperà. Quest’ultimo aggiunge: se ci fossero stati due Editti di Nicomedia gli studiosi avrebbero parlato del I Editto, quello del 311 e del II del 313, cosa mai avvenuta. L’Editto di Galerio a Serdica del 311 che è il primo, vero e fondamentale Editto di Tolleranza verso i Cristiani, fu voluto e promulgato dall’Augusto Galerio e dai Cesari, all’epoca, Costantino e Licinio. Dal Testo dell’Editto di Serdica o di Galerio trovasi scritto: Tra tutte le disposizioni che abbiamo preso nell’interesse e per il bene dello Stato, abbiamo deciso, prima di riformare ogni cosa secondo le antiche leggi dei Romani, di fare in modo che anche i cristiani – che avevano abbandonato la religione degli antenati – ritornassero a dei buoni sentimenti, per il fatto che, per varie ragioni, questi stessi cristiani erano stati colpiti da una tale ostinazione e da una tale follia che, lungi dal seguire gli usi degli antichi – usi che forse erano stati stabiliti dai loro antenati – si facevano da se stessi, secondo il proprio intendimento, delle leggi che osservavano e che in diversi luoghi attiravano folle di persone di ogni genere. In breve, dopo la proclamazione del nostro editto con il quale si ingiungeva loro di conformarsi agli usi degli antenati, molti sono stati perseguitati, molti sono stati anche messi a morte. Ma siccome molti persistevano nella loro determinazione, abbiamo ritenuto di estendere il beneficio della nostra clemenza, con la quale accordiamo il perdono a tutti, anche al loro caso e senza ritardo alcuno, in modo che vi siano di nuovo dei cristiani e che si ricostruiscano gli edifici nei quali erano soliti riunirsi, a condizione che essi non si abbandonino ad azioni contrarie all’ordine costituito. Con un’altra lettera indicheremo ciò che i giudici sono tenuti ad osservare. Tutto ciò premesso e in accordo con l’indulgenza che testimoniamo loro, i cristiani dovranno pregare il loro Dio per la nostra salute, quella dello Stato e la loro, in modo che l’integrità dello Stato sia ristabilita dappertutto ed essi possano condurre una vita pacifica nelle loro case” (Lattanzio in De morti bus persecutorum - v. I, 34, 1-5). L’Editto approvato da Galerio, Costantino e Licinio, segnò la fine delle persecuzioni contro i Cristiani e sancì la restituzione dei bene ecclesiastici e personali in precedenza ad essi confiscati. Nell’Editto colpisce il fatto che, Galerio, Augusto per l’Oriente, ovvero l’ispiratore e firmatario della persecuzione di Diocleziano con l’Editto del 303, con l’Editto di Tolleranza del 311, probabile risultato di una riflessione e non certo un atto di pentimento e tanto meno di conversione alla fede Cristiana quanto per l’appunto di una riflessione, ovvero, si era reso conto in tutti quegli anni che le periodiche persecuzioni sancite ed approvate non solo non aveva sortito congrui effetti sperati ma che i Cristiani aumentavano sempre di più finanche tra le fila dello Stato e dell’Esercito. Altro motivo che lo spinse a promulgarlo è dovuto al fatto che i due Cesari e futuri Imperatori, Costantino e Licinio, erano per vari motivi più favorevoli al pieno riconoscimento della religione come al culto dei cristiani. La prima parte dell’Editto galeriano, spiega il perché prima i cristiani avessero meritato di essere puniti (l’abbandono delle religioni dei loro padri: la giudaica, e la dissennatezza del loro comportamento (da ricordare l’episodio del centurione Marcello). La seconda parte, quella che invita i Cristiani ad invocare e pregare il loro Dio per la salute dei loro Imperatori ed il bene e la salvezza dello Stato, oltre che di se medesimi, è ispirata più ai due giovani Cesari. Galerio muore di lì a poco, Diocleziano si è da tempo ritirato e sta morendo (313) e fra i “dialoghi” i successori veri e quelli che si proclamano tali, scoppia una guerra “fratricida” che rischia di squassare l’Impero, già in crisi da tempo. Il motivo vero della nascita delle guerre è che Diocleziano aveva creato una tetrarchia basata sul principio della meritocrazia per la scelta dei successori, mentre gli altri Augusti sono tornati al principio della genealogia o della ereditarietà nelle cariche. Gli Augusti infatti scelgono i propri Cesari fra i propri figli od altri legati da vincoli di parentela ad essi. Costantino, figlio di Costanzo Cloro e genero di Massimiano sarà così come lo sarà per Licinio, per Massenzio, figlio di Massimiano per Massimo Daia nipote di Galerio. E’ proprio in questi anni che in Occidente abbiamo tre Augusti: Severo, Massenzio e Costantino e per l’Oriente due Augusti, Licinio e Massimiano Daia. dopo il 313 Costantino sconfiggerà Licinio e uccidendolo si assicura lo scettro di Imperatore ma molto prima, nello stesso anno del 313, anno cruciale per la nostra storia, nel febbraio di quest’anno Costantino e Licinio si incontrano a Milano in occasione della Celebrazione del matrimonio fra la sorella di Costantino, Costanza e Licinio. Questo matrimonio era stato voluto dai due Imperatori per confermare in modo solenne la loro alleanza, per dividersi l’Impero e sconfiggere i loro nemici. Licinio asveva appoggiato Costantino contro Massenzio ed ora chiede appoggio politico contro Massimiano Daia che occupa l’Asia Minore con la Bitinia l’Egitto e le altre regioni orientali e si proclama Imperatore d’Oriente in opposizione a Licinio che controlla solo la parte Europea dell’Impero Romano d’Oriente: la Grecia, la Macedonia una parte dei Balcani. L’accordo di Milano fra i due Augusti sancisce che a Costantino spetta e sarà Romano dell’Occidente ed al secondo spetterà a sarà l’Imperatore Romano d’Oriente. E’ probabile che fra i vari discorsi politici fra i due si sia parlato anche dell’atteggiamento politico da tenere nell’Impero verso i Cristiani, ma non fu emanato a tal proposito alcun Editto a Milano. Non solo non c’è traccia di questo Editto negli scritti degli storici e giuristi pagani dell’epoca, ma neanche credito da parte degli storici contemporanei più autorevoli, alcuni dei quali apertamente lo contestano. Ad eccezione dei panegiristi cristiani Eusebio (in maniera generica) e Lattanzio che scriverà “nei pressi di Milano” nel riportare il “il cosiddetto” Editto, laddove tutti gli storici parlano e scrivono a propositori quel documento di direttiva o rescritto “di Nicomedia” . una dotta confutazione della tesi dell’”Editto di Milano” è stata fatta dal prof. Arnaldo Marcone nel saggio pubblicato quest’anno nel volume edito dall’Electa intitolato “ l’Editto di Milano ed il tempo della Tolleranza: Costantino 313 d.C.”. lo studioso afferma che l’equivoco nasce da una errata interpretazione di un passo di Eusebio, che si riferiva ad una lettera di Costantino a Massimino, dopo la vittoria di Ponte Milvio, in cui invitava quest’ultimo a porre termine alle persecuzioni in Oriente contro i cristiani. Continua il prof. A. Marcone: …nella vulgata storica si fa riferimento a un “Editto di Milano” la cui inesistenza era già stata dimostrata, con argomenti inoppugnabili da uno studioso tedesco, Otto Seeck”…”. In conclusione, dice il prof Palazzi, lo studioso italiano testualmente afferma: “Il documento che è consuetudine chiamare “editto di Milano”, non è un editto. Tale documento non fu promulgato a Milano. L’autore di tale documento non è Costantino ma Licinio. I cristiani non ottennero la tolleranza, attraverso quel documento ma in virtù dell’editto di galerio. Il documento fu compilato a Nicomedia, come una direttiva per l’applicazione di quell’editto”. L’errore fuorviante, il secondo di Lattanzio, nasce dal chiamare editto quello che era semplicemente un rescritto imperiale. Il rescritto è una lettera con cui l’Imperatore da notizia e disposizioni attuative su una legge o su un decreto imperiale (Editto) a magistrati locali dell’Impero, perché gli stessi ne diano conoscenza ai propri cittadini, con affissione in pubblici luoghi e la facciano rispettare. Tale è il rescritto di cui si parla. Infatti, venne indirizzato da Licinio a ciascun governatore delle provincie orientali, dopo la sconfitta di Massimino nel 313, il quale aveva persistito nelle persecuzioni in questi territori, anche dopo l’Editto di Galerio del 311. Lo stesso Lattanzio nel suo libro “ De mortibus persecutorum” scrive che il cosiddetto editto era stato inviato al governatore della Bitinia, ora Nicomedia (attuale Izmit in Turchia), capitale della Bitinia e dell’Impero Romano d’Oriente a quell’epoca e la lettera porta la data del 13 giugno 313, data dell’ingresso vittorioso di Licinio in Nicomedia. In conclusione il cosiddetto Editto di Milano è in realtà il rescritto di Nicomedia, anche se gli accordi con Costantino possono essere stati presi prima, forse nel febbraio di quell’anno a Milano. Tutto ciò è stato confermato anche da tanti altrettanti noti studiosi, come O. Seeck, H. Jones, A. Marcone, ovvero, che il documento di cui parla Lattanzio altro non è che il rescritto di Nicomedia del 13 giugno 313. La conferenza è terminata con molto plauso facendo seguito un partecipato buffet. Per eventuali chiarimenti ed ulteriori approfondimenti è possibile contattare il prof. Antonio Palazzi alla seguente e-mail: antoniopalazzi@fastwebnet.it.
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