TESTIMONIANZE E FOTOGRAFIE DAL DONBAS - LA GUERRA DIMENTICATA dell'Ucraina Orientale
Incontro con MICHELE CIRILLO, fotoreporter free-lance
autore delle fotografie esposte nel Fotoprogetto
"SE LA GUERRA NON CI FOSSE" E "LA GUERRA DIMENTICATA"
by Giulio de Nicolais
Roma. Vicino al Colosseo nello spazio Numen Art di via Capo d'Africa, 9 dal 8 fino al 21 novembre è visibile ed aperta al pubblico la mostra fotografica intitolata " Se non ci fosse la guerra " ed il progetto fotografico "La Guerra dimenticata" del fotoreporter italiano Michele Cirillo , il quale lo scorso anno ha visitato in prima persona l'Ucraina ed in special modo la zona del Donbas in cui allora come ancora oggi è in atto l’azione militare tra esercito regolare Ucraino e i separatisti filo-russi, veri e propri soldati della Federazione Russa, ma senza mostrine tra le cui fila spesso mercenari italiani di ispirazione fascista, al soldo di Putin.
La mostra fotografica presenta una sezione dedicata alle fotografie scattate da questo giovane fotoreporter italiano, Michele Cirillo, che con I propri occhi e con l’obiettivo della fotocamera ha inteso rappresentare un lato diverso di quella Guerra: è il disastro sociale appunto che l’azione militare e colonizzatrice russa ha provocato nelle regioni orientali dell’Ucraina interessate dal conflitto È quel lato posteriore e nascosto del dramma, quello che spesso i media occidentali, imbavagliati dalla propaganda russa, non mostrano.
In Ucraina la maggior parte degli abitanti delle province dell’Ucraina orientale vorrebbe dichiararsi ed avere una propria identità/cittadinanza pienamente ucraina e non russa! Questo è un percorso identitario che già naturalmente richiederebbe del tempo, ma questo tempo viene rallentato da questo conflitto armato provocato dalla Federazione Russa in quell’area.
Chi è Michele Cirillo? Come lui da fotoreporter italiano ha conosciuto ed interpretato questa particolare realtà ucraina? Lo abbiamo personalmente intervistato all'inaugurazione della mostra fotografica l'8 novembre a Roma.
Michele Cirillo è cresciuto e vive attualmente a Roma, ma è nato in provincia di Napoli.
Michele, raccontaci un può di te.
Sono circa 8 anni che mi occupo di fotografia e soprattutto fotografia documentaristica, quindi sono fotoreporter free-lance e negli ultimi anni mi sono occupato prevalentemente di tematiche che riguardano le migrazioni e le zone di conflitto.
In quale altro Paese sei stato?
Sono stato un può in tutto il mondo, sia in Italia che all'estero.
Sono stato in Libano, Bosnia, Africa, in Tanzania, Sud America, Messico, Ecuador, Palestina, Russia, Inghilterra, Francia, Marocco, Spagna.
Nelle zone del conflitto: Palestina, Bosnia e Sud America. Sono zone che soffrono il dopo guerra.
Raccontaci come è iniziata la tua conoscenza dell’Ucraina?
Essendo un free-lance, naturalmente ho la libertà di scegliere in quale paese andare a scoprire e quale tematica affrontare. L’Ucraina la seguivo da molto tempo.
Anche durante le proteste di Euromaidan. Mi sono sempre detto "ora, è ora di andare". In qualche modo, dovevo dire cosa stava succedendo in quel Paese. Ho molti amici ucraini qui in Italia, che mi hanno costantemente raccontato di una situazione complicata e tragica nel Paese, di persone che stanno soffrendo.
Pertanto, ho aspettato un po', fino a quando il conflitto fosse divenuto meno acceso e a marzo 2017, ho finalmente ricevuto il permesso dalla parte ucraina di visitare Kiev e poi dopo Severodonetsk ed il Donbas, per raccontare quelli che erano gli effetti di una cosiddetta “guerra a bassa intensità”, ma che ha fatto migliaia di morti.
Quando sono arrivato ho trovato una situazione che io definisco alienante.. Tramite le foto volevo un pochino far conoscere questa situazione. Far capire come è una parte di mondo, ma soprattutto per me era importante raccontare cosa accade nell’Ucraina Orientale, che è una parte dell’Europa.
Se ciò che accade lì, accadesse in qualsiasi altro paese in Europa, le notizie e le immagini di questi eventi volerebbero attraverso tutti i giornali del mondo.
Nel lavorare, ho scelto un modo leggermente diverso da quello usato dai miei colleghi: gli editori di quei fotografi avevano bisogno di foto di sangue, di guerra e di morte.
Durante la tua permanenza nelle zone di attività bellica, hai avuto paura?
La paura è una cosa che ti accompagna sempre, chi non ha paura è un pazzo! La paura è la cosa che ti dice quando ti devi fermare. Eravamo a due chilometri dal combattimento. Non ero armato: l’unica mia arma è la mia macchina fotografica, ma sono stato scortato in quelle zone di guerra dall’Esercito Ucraino.
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