TRATTATO ARMI NUCLEARI: ANCHE PUTIN SI RITIRA, DOPO GLI USA.
by Leonardo A. Losito
Corrispondente da Varsavia: esperto di Geostrategia ed Autore di "Guerra Fredda e Aeronautica Militare" (Edizioni Rivista Aeronautica, Roma 2016)
Varsavia. Difficile orientarsi sulle reazioni immediate riportate da stampa e super esperti di geostrategia sulla decisione del 2 febbraio 2019 notificata da Trump di ritirare gli USA dallo storico accordo, firmato nel 1987 da Reagan e Gorbaciov, contro la proliferazione dei missili balistici e da crociera basati a terra (sistemi di lancio compresi), con raggio d'azione tra i 500 ed i 5500 Km. Altrettanto difficile risulta la lettura della parimenti istantanea decisione di Putin di fare altrettanto, con le annunciate debite contromisure muscolari.
Difficile esprimersi, perche' gli argomenti tecnici per consentire un'analisi seria sono estremamente complessi e presumono una competenza specifica sulle effettive capacita' di offesa nucleare dei rispettivi sistemi di armamento missilistico, nonche' delle scelte dei decisori di dislocarli in aree geografiche e teatri operativi con pianificazioni a medio e lungo termine coperte dal segreto militare.
Giusto per fare un esempio, a parte i Paesi dell'Est Europeo di fatto piu' sensibili di altri alla minaccia, quanti e quali altri sono effettivamente in grado di valutare appieno la pericolosita' dei missili Iskander russi dispiegati l'anno scorso a Kaliningrad? Da quel che si sa, ce ne sono di almeno 7 tipi: alcuni dei quali con un raggio d'impiego superiore ai 500 Km e capaci di montare testate nucleari fino a 50 kilotoni di potenza.
Non sorprende quindi piu' di tanto che, in attesa di attente verifiche effettuabili da credibili Commissioni di esperti super partes, siano stati assunti come posizionabili in Paesi sensibili come la Romania e la Polonia (specie dopo le note vicende in Ucraina) i sistemi antimissile AEGIS Ashore di fabbricazione americana, dotati di componenti capaci di intercettare vettori balistici di ampio raggio: medio, intermedio ed all'occorrenza anche intercontinentale. Decisione questa, che i Russi identificano nondimeno come una chiara e provocatoria minaccia alla coesistenza.
Da entrambe le parti insomma, come ai tempi che ritenevamo archiviati della crisi di Cuba e della Guerra Fredda fino allo sgretolamento dell'URSS, si lamenta insomma la malafede dell'altro. Non solo sulla reale capacita' offensiva dei rispettivi armamenti, ma addirittura con la pretesa di dare per certa l'inevitabilita' dei propri passi in quanto imposti da necessita' difensive imposte dal goffo mascheramento delle reali intenzioni ostili degli altri.
Anche lessicalmente, la terminologia ritornata di moda e' quella che conoscevamo gia': first-strike, deterrenza, mutual assured distruction e cosi' via. Con pero' delle varianti non trascurabili e nuove rispetto al passato. Questo perche', se i Russi da una parte lamentano la percezione di un progressivo accerchiamento a guida americana subito dall'allargamento ai propri confini delle forze Nato, gli USA a lor volta non fanno mistero di reclamare a ragion veduta la necessita' di garantire la sicurezza, sia propria che degli alleati europei, da minacce nuove rispetto a quanto configuratosi con la caduta del muro di Berlino.
Come quelle, ad esempio, poste nel nostro continente dall'Iran nei confronti di Israele e dalla fluidita' spesso ambigua di Teheran con Siria e Russia. Con l'aggiunta delle nuove incognite, avvertite con apprensione sia in Europa che a Washington, poste da un altro attore non secondario come la Cina. Il cui crescente espansionismo militarista, globalmente ibridato sul piano economico-finanziario, resta una fonte di forti preoccupazioni per gli sviluppi possibili nell'attuale scenario riveduto ed ampliato di Guerra Fredda: non solo per gli Americani che, insieme a quello dei Russi, sentono il maggior peso antagonizzante dei Cinesi anche nei mari, ma pure per i Paesi di terraferma continentale tuttora sprovvisti di una valida e coerente Eurodifesa.
Pochi giorni prima dell'annuncio di Trump, seguito a ruota da quello di Putin, di ritirarsi dal trattato INF di non proliferazione nucleare del 1987, una discussione per molti versi attinente al tema qui descritto la si e' avuta a Bruxelles, durante un dibattito internazionale sul futuro della Difesa Europea organizzato da Friends of Europe e dalla fondazione Casimir Pulaski, con focus sulla posizione della Polonia.
Nella relazione compilata del Senior Fellow del think-tank, il giornalista Paul Taylor -- esperto di stanza a Parigi di affari europei per la Reuters e per POLITICO -- non ha lesinato dubbi e perplessita' in tema di minacce alla sicurezza, ravvisabili a suo dire nel presunto appiattimento su posizioni filo-statunitensi dell'attuale corso governativo del PiS di Jaroslaw Kaczynski. Peraltro stigmatizzato dagli organizzatori, sin dalla brochure di presentazione dell'evento, come portatore di una dannosa visione isolazionista rispetto all'UE, ed incline ad una dannosa affinita' con le vedute di Donald Trump nel vedere nemici piu' o meno dappertutto.
A rispondere a tali illazioni hanno prontamente reagito le repliche, in aperto dissenso rispetto a quanto paventato da Taylor, di due esponenti polacchi di autorevole peso istituzionale e politico: l'Europarlamentare PPE Jacek Saryusz-Wolski (piu' volte vicepresidente del Parlamento Europeo) e la Senatrice Anna Maria Anders (la figlia dell'eroe di Monte Cassino liberata dai Tedeschi nel 1944) oggi in carica come Ministro al Dialogo Internazionale nell'attuale maggioranza di governo polacco guidato dal premier Mateusz Morawiecki.
Nel leggere questo rapporto -- ha detto piccato Saryusz-Wolski -- mi trovo in disaccordo su molti punti (…). La nostra percezione delle minacce alla sicurezza e' ben diversa. Qui leggo di Est, Ovest, Cibersicurezza… ebbene NO. La mia risposta e' questa: innanzitutto la Russia, poi la Russia e sempre la Russia! Se qualcuno ancora non conosce la vicende di questa parte dell'Europa, ebbene i libri di Storia da leggere non mancano. L'imperialismo russo costituisce tuttora una realta' per noi, per cui la Polonia se si parla di investimenti a favore della propria Difesa, deve essere pronta comunque ad agire senza dover contare esclusivamente sulla NATO e sull'UE.
Non meno chiare ed esplicite sono state le parole della Anders: A mio padre dopo la guerra fu negata la possibilita' di ritornare in Polonia. Io stessa sono cresciuta in uno spirito di inevitabile diffidenza nei confronti della Russia. E la Polonia, anche per via del ricordo del 1939, avra' sempre motivo di essere scettica in tema di Difesa Europea. Allora -- ha infine aggiunto la Senatrice Anders -- non ci furono d'aiuto ne' la Francia ne' l'Inghilterra; ragion per cui, non e' senza motivo che oggi la sicurezza della Polonia sia collegabile piu' alla presenza di militari statunitensi sul nostro territorio, che a quella della Legione Straniera dei francesi.
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