N°13/2010 Registro Stampa Trib.di Roma il 19/01/2010 - Direttore Responsabile: Giulio de Nicolais d'Afflitto.
NUMERO 167° Dicembre 2024 Anno XIV°  

UN 8 MARZO VIRTUALE, ANCHE NEL 2021…

 

UN 8 MARZO VIRTUALE, ANCHE NEL 2021…

 by Ketty Carraffa

Per il secondo anno consecutivo mi trovo a ricordare l’8 marzo e a rappresentare le lotte delle donne, con eventi e dirette on line: vi aspetto su Facebook per 8 interviste speciali, con donne e uomini del mondo dell’Arte, Spettacolo e della Cultura, in diretta dalle 19, sul mio profilo.

 https://www.facebook.com/ketty.carraffa

Fortunatamente faccio parte di quelle donne che non aspettano di organizzare eventi “al femminile”, solo in occasione della Giornata Internazionale della Donna e che non si arrendono mai, nonostante le avversità della vita quotidiana, che realizzano iniziative e contribuiscono al dibattito pubblico, alla ricerca di soluzioni concrete sulla condizione femminile, lavorando ogni giorno, per i diritti e il cambiamento del linguaggio “di genere”, in ogni ambito.

E’ per questo, con spirito di continuità, che da anni, sui social, ho adottato gli hastag #8marzosempre e #25novembresempre, per proseguire negli intenti, nonostante non si possano organizzare dibattiti dal vivo, con associazioni, enti locali e tante organizzazioni, come sono abituata a fare…

Nel 2020, proprio dal 8 marzo è partito il lockdown in tutta Italia e ho ancora nella mente il ricordo delle telefonate e mail per disdire tutti gli eventi che avrebbero dovuto svolgersi “in presenza” da marzo sino a dicembre 2020, con grande dispiacere, tristezza, disagio e conseguente danno economico per molte di noi che vivono di questa attività freelance, sia dal punto di vista dell’impegno sociale, sia lavorativo e che ormai, risultiamo le vittime più colpite dalla crisi dovuta alla pandemia… e siamo ancora nella stessa situazione, anzi, peggio, con l’arrivo delle “varianti” del virus, che conferma il fatto che l’8 marzo, non è la festa della donna, ma una festa alle donne: una su due, dall’anno scorso, ha peggiorato la sua condizione economica. 

Parto dalla “comunicazione” di questo giorno, l’8 marzo, che non è una Festa, come continuano a ripetere erroneamente in troppi, nel mondo della Politica, all’informazione, (mi ha fatto piacere quando, invitata come opinionista a Pomeriggio Cinque, Barbara D’Urso aveva accolto il mio invito a far cambiare il titolo della rubrica che richiamava ancora alla “Festa della donna”), ribadendo il fatto che questo è un giorno di riflessione che parte da lontano e che vi è ancora una grande esigenza di spiegare il “perché” e la nascita di una commemorazione come questa, da molti e purtroppo anche da molte, ritenuta “inutile”. Le donne non devono essere relegate a ricordare la loro condizione in una giorno unico, come si fa per le feste comandate, religiose o laiche… oggi, non è come festeggiare il papà, i nonni, la mamma…

Nel mio libro “Come le mimose”, del 2014, racconto la storia della Giornata della Donna, istituita dal Onu nel 1977 ma nata “attivamente” nel 1917, con le lotte delle donne operaie dell’Unione Sovietica, per la parità di salario (e non dopo il rogo di una fabbrica tessile in Usa, come erroneamente divulgato). L”8 marzo del 1946, il fiore della mimosa (ora purtroppo solo un oggetto commerciale da semaforo) è diventato “simbolo” solo in Italia, in quanto fiorisce da noi tra febbraio e marzo, ed è stato proposto dalle Madri Costituenti: Nilde Jotti, Lina Merlin e Teresa Mattei, che in tante occasioni ho avuto l’onore e il piacere di raccontare. (Teresa Mattei è la più giovane tra le donne dell’Assemblea Costituente, la prima ragazza madre del Parlamento e la prima che ha proposto l’ingresso delle donne in magistratura, uno stipendio parlamentare adeguato e in media con la retribuzione del Paese).

Negli anni Cinquanta, distribuire il fiore della mimosa era considerato un gesto che turbava l’ordine pubblico e solo con l’avvento delle lotte dei partiti di sinistra e con il movimento femminista, negli anni ’70, questa ricorrenza divenne anche una “festa”, collegata alle battaglie sui diritti. 

Ricordo infatti, sin da piccola, il rito del 8 marzo, quando mio papà ci faceva trovare la mattina, grandi mazzi di mimosa, per me, mia sorella e mia mamma, (la fonte dalla quale ho attinto la passione per l’impegno sui diritti delle donne). 

Oggi, è un 8 marzo più che mai “sospeso”, di lontananza dalle nostre abitudini, dalle persone e dalla vita “normale”;  è un 8 marzo difficile per tutti ma soprattutto per le donne, alle quali non bastano celebrazioni, incontri o promesse, il bisogno di fatti concreti e di reale cambiamento da parte delle azioni della Politica è più che mai un’emergenza. Un 8 marzo che esige un impegno continuo, che dovrebbe vedere donne e uomini insieme, uniti contro i femminicidi, la violenza di genere, le mutilazioni, le spose bambine, il lavoro precario e la discriminazione… e l’elenco sarebbe lunghissimo. Non possiamo abituarci alla diseguaglianza e al sessismo, pensare di essere “arrivate” o di non dover più lottare per la nostra emancipazione. Il nostro Tempo è duro e triste, soprattutto per noi che lottiamo da sempre, anche per quelle che non capiranno mai, alle quali manca la consapevolezza e la determinazione di “genere”.

E l’esempio lampante, è quello della DIRETTRICE D’ORCHESTRA , ospite alla 71esima edizione del Festival di  Sanremo, che non accetta di essere chiamata al femminile dal conduttore Amadeus, e che insiste sui social con la sua tesi sessista e medioevale, dopo giorni di polemiche. (A favore della sua visibilità e a scapito dell’emancipazione femminile). 

Se ci sono donne che portano una ventata di positività nell’acquisizione di diritti, esistono poi altre, che inconsapevolmente o no, contribuiscono nel dibattito e nel momento già discriminatorio, ad alimentare le voci contro la lotta al cambiamento del linguaggio comunicativo sessista, dal quale siamo ancora circondate e chiuse.

Ribadire l’esigenza di essere chiamate, per quanto riguarda professione e ruoli istituzionali, con il titolo al maschile, ci fa tornare indietro di cent’anni, perché svela nella donna che lo richiede, il suo voler ribadire il concetto che tutto ciò che è alta professionalità, è ancora di appannaggio degli uomini, e di non meritare la parità, seppur sullo stesso livello di talento. La nostra lingua prevede il femminile (Amadeus giustamente l’aveva chiamata Direttrice, e menomale); perché provare gusto ad essere chiamate al maschile, come se non si volesse accettare il talento a pari merito? L’abitudine a coniugare al femminile, dovrebbe essere una battaglia che trova solidarietà, soprattutto nelle donne pseudo vip o che possono portare i messaggi in tv o sui media!

Oggi più che mai, una Giornata Internazionale delle donne, dovrebbe avere la solidarietà degli e uomini, perché è solo con l’unione delle forze che si sconfigge l’odio contro le donne, che aumenta ogni giorno di più e che non accenna a fermarsi, in ogni ambito della vita. Vorrei ricordare oggi, una grande donna, Franca Rame, per me importantissima, che mi consigliò di uscire dal Teatro quando andai per ascoltare la sua terribile esperienza nel monologo dello stupro subito. Avevo 14 o 15 anni, non sapevo manco cosa volesse dire baciare, ed ero in prima fila. Restai ad ascoltarla, invece, mano nella mano con mia mamma, convinta che bisognasse lottare e informare nel modo giusto, soprattutto le donne che non riescono ad essere solidali con le altre…  Sono passati molti anni ma la voglia di continuare a credere in una società che rispetta le donne, prosegue con lo stesso spirito di quando ho iniziato a seguire il mondo con lo “sguardo al femminile”, documentando “Processo per stupro”, con l’Avvocata Lagostena Bassi e con la realizzazione di tanti format e trasmissioni rado e tv, con la speranza che fortificando la mia grande voglia di combattere contro la violenza, il messaggio passasse alle nuove generazioni, che hanno tanto bisogno di valori e racconti di esempi che mettano sul campo il cambiamento culturale, partendo dalla famiglia, la scuola e il mondo del lavoro.

Che sia oggi un giorno per riflettere su cosa realmente, il nostro Paese sta facendo per far vivere le donne in un luogo libero, dove i diritti conquistati e di ognuna di noi, siano una cosa “normale”… e per far si che i nostri figli, specialmente i maschi, comincino sin da piccoli, a conoscere la parola RISPETTO.

Una reazione positiva, nel mio piccolo, comunque, l’ho già riscontrata: mio figlio Francesco, che mi ha portavo sempre negli eventi, l’8 marzo della sua quinta elementare, volle prendere e regalare una scatola di mimose alla sua maestra e alle bambine della classe, prima di lasciarmi andare ad un evento e portare i fiori ad altre signore. Quando siamo entrati in classe, la maestra aveva le lacrime, (per me, un’immagine indimenticabile) e nel mio animo cresceva la consapevolezza che seminare bellezza, alla fine, porta i suoi meritati frutti.  Buon 8 marzo a tutte e a tutti.

 

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Pubblicato: 08/03/2021
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